Alla
beatrice
Beatrice
sui tuoi seni io ci sto alla finestra
arrampicato
su una scala di corda
affacciato
dal fuori in posizione precaria
dentro i
tuoi occhi celeste vetro
dentro i
tuoi vizi capitali
dentro i
tuoi tremori e mali
Beatrice
sui tuoi seni io ci sto a spiare
ciò che
fanno seduti intorno a un tavolo
i tuoi
pensieri su sedie di paglia
ospiti
appena arrivati o sul punto di partire
raccolti
sotto la lampada gialla
uno che
ride uno che ascolta e uno che parla
Beatrice
dai tuoi seni io guardo dentro la casa
Dalla
notte esteriore superstite luce
Nella
selva selvaggia che a te conduce
Dalla
padella alla brace
Estrema
escursione termica che mi resta
Più fuoco
per me tua minestra
Beatrice
– costruttrice
Della mia
beatitudine infelice
Beatrice
dai tuoi seni io vengo a esplorare com’è
La stanza
dove abitare
Se
convenienti vi siano i servizi
E
sufficiente l’ordine prima di entrare
Se il
letto sia di giusta misura
Per
l’amore secondo natura.
Beatrice
dunque di essi non devi andare superba
Più che
dell’erba il prato su cui ci sdraiamo
Potrebbero
essere stracci non ostentarli
Per
tesori da schiudere a viste meravigliate
I tuoi
semplici beni di utilità strumentale
Mi
servono da davanzale
Beatrice
– dal verbo beare
nome
comune singolare.
“L’amore,
come elemento imperioso totalizzante dell’emozione poetica, ritorna nella
poesia di Giovanni Giudici, approdo per lui significativo e risolutivo, dopo la
lunga narrazione (La vita in versi), di sapore autobiografico,
dell’intellettuale funzionario che si ripiega a considerare la sua nuova
attuale condizione. Qualche critico, all’apparire di Salutz, titolo delle
settanta liriche della raccolta d’impianto sonettistico, immediatamente
rilevava la novità della ricomparsa del Minne medievale dopo secoli di assenza.”
Le mie ore - Ore
sole
Dal
tetto cadon giù
un
dopo l'altra
l'ore,
le
lascia giù cadere
l'orologio
a martello!
in
colpi secchi
uguali
tutte
sul mio cervello.
E
ognuno di quei colpi
m'è
come una puntura,
come
se mi strappassero un capello.
Ore
sole come solo pane
per
oggi e per dimane
e
per tutti i giorni di tutte le settimane.
Mattutine,
vespertine,
popolate
da campane
vicine
e lontane.
Ore
del sole
che
non ridete a chi v'aspetta sole.
Ore
grigie, ore nere,
silenzio
delle campane
vicine
e lontane.
Vien
da qui presso
spampanato
il coro
dell'antico
convento delle Nazarene,
sfogano
in coro le loro pene
a
tutte le ore
(e
lo spampana il vento)
anche
per esse l'ore son sole.
«
Al cielo, al cielo l'ore son sole...
la
gloria o Signor!»
Ore
della notte, ore del sole,
eguali
tutte
che
non ridete a chi v'aspetta sole,
Ore
sole come solo pane
per
oggi e per dimane
e
per tutti i giorni di tutte le settimane.
Aldo
Palazzeschi
Vladimir Majakovskij
Adolescenti
Per i
ragazzi c'è un sacco di roba da studiare.
S'insegna
la grammatica a scemi d'ambo i sessi.
A me
invece
m'hanno
scacciato dalla quinta classe.
Hanno
cominciato a sbattermi nelle prigioni di Mosca.
Nel
vostro
piccolo
mondo
di
appartamenti
crescono
ricciute liriche per le camere da letto.
Che vuoi
trovarci in queste liriche da cani pechinesi?
A me, per
esempio,
ad amare
l'hanno
insegnato
nelle
carceri di Butyrki.
M'importa
assai della nostalgia per il bosco di Boulogne,
e dei
sospiri davanti ai panorami marini!
Io, ecco,
m'innamorai
dallo
spioncino della cella 103,
di fronte
all'"Impresa pompe funebri".
Chi vede
tutti i giorni il sole
dice con
sufficienza:
"Cosa
saranno mai quei quattro raggi"!
Ma io
per un
giallo illuminello
sopra un
muro
avrei
dato allora qualunque cosa al mondo.
Io ti amo
e se non ti basta…
Io ti amo
e se non
ti basta
ruberò le
stelle al cielo
per farne
ghirlanda
e il
cielo vuoto
non si
lamenterà di ciò che ha perso
che la
tua bellezza sola
riempira
l'universo
Io ti amo
e se non
ti basta
vuoterò
il mare
e tutte
le perle verrò a portare
davanti a
te
e il mare
non piangerà
di questo
sgarbo
che onde
a mille, e sirene
non hanno
l'incanto
di un tuo
solo sguardo
Io ti amo
e se non
ti basta
solleverò
i vulcani
e il loro
fuoco metterò
nelle tue
mani, e sarà ghiaccio
per il
bruciare delle mie passioni
Io ti amo
e se non
ti basta
anche le
nuvole catturerò
e te le
porterò domate
e su te
piover dovranno
quando
d'estate
per il
caldo non dormi
E se non
ti basta
perché il
tempo si fermi
fermerò i
pianeti in volo
e se non
ti basta
vaffanculo
Stefano
Benni
(Da Prose e Poems)
KAHLIL
GIBRAN
C'è
fra voi chi cerca
la
compagnia delle persone loquaci
per
timore della solitudine.
Il
silenzio della solitudine
svela
infatti ai loro occhi
la
loro nuda essenza,
cosa
dalla quale rifuggono.
E
vi sono quelli che parlano,
e
senza consapevolezza né preveggenza
rivelano
una verità
che
sono i primi a non capire.
E
vi sono coloro che hanno
la
verità dentro di sé,
ma
non la esprimono a parole.
ALDA
MERINI - Come tutti i poeti
Come
tutti i poeti
io sono
una persona deludente
una che
batte la fiacca
una che
forse preferisce alla quotidianità
qualche
certezza ancora più bella
quella
della vita.
E te lo
dico
sopra le
ceneri di Dante
proprio
adesso che sto scrivendo un libro.
per un
ragazzo…
ma tu sai
quanto costi
a un
poeta della mia età amare
e sperare
di vedere un uomo vivere?
Io
capisco il vostro amore
e posso
anche dire
che senza
l’affetto dei lettori
un poeta
non sarebbe niente.
Però,
come non portò avere l’amore di quest’uomo,
non potrò
avere la salute di un tempo.
Spesso mi
sono chiesta
come mai
i nostri ammiratori non si siano mai domandati
quanto
tempo occorra per scolpire una poesia…
Molto
tempo molti pensieri
che agli
altri possono sembrare oziosi
invece
sono tempi riparatori di tante ingiustizie.
Il poeta
ha una ragione etica per vivere
ed è la
difesa dell’uomo
e del suo
diritto alla libertà
e per me,
che sono stata tanti anni in prigione,
chiedo la
libertà di essere libera
"Traversando la Maremma Toscana"
Dolce paese,
onde portai conforme
l’abito
fiero e lo sdegnoso canto
e il petto
ov’odio e amor mai non s’addorme,
pur ti
riveggo, e il cor mi balza in tanto.
Ben
riconosco in te le usate forme
con gli
occhi incerti tra ’l sorriso e il pianto,
e in quelle
seguo de’ miei sogni l’orme
erranti
dietro il giovenile incanto.
Oh, quel che
amai, quel che sognai, fu in vano;
e sempre
corsi, e mai non giunsi il fine;
e dimani
cadrò. Ma di lontano
pace dicono
al cuor le tue colline
con le
nebbie sfumanti e il verde piano
ridente ne
le pioggie mattutine.
Giosuè Carducci,
Commiato
Gentile
Ettore
Serra
poesia
è
il mondo l'umanità
la
propria vita
fioriti
dalla parola
la
limpida meraviglia
di
un delirante fermento
Quando
trovo
in
questo mio silenzio
una
parola
scavata
è nella mia vita
come
un abisso
Giuseppe Ungaretti
In estate
come in inverno
In estate
come in inverno
nel fango
nella polvere
sdraiato su
vecchi giornali
l'uomo che
ha l'acqua nelle scarpe
guarda le
barche lontane.
Accanto a
lui un imbecille
un signore
che ne ha
tristemente
pesca con la lenza
Egli non sa
perché
vedendo
passare una chiatta
la nostalgia
lo afferra
Anch'egli
vorrebbe partire
lontano
lontano sull'acqua
e vivere una
nuova vita
con un po'
di pancia in meno.
In estate
come in inverno
nel fango
nella polvere
sdraiato su
vecchi giornali
l'uomo che
ha l'acqua nelle scarpe
guarda le
barche lontane.
Il bravo
pescatore con la lenza
torna a casa
senza un sol pesce
Apre una
scatoletta di sardine
e poi si
mette a piangere
Capisce che
dovrà morire
e che non ha
mai amato
Sua moglie
lo compatisce
con un
sorriso ironico
E' una
ignobile megera
una
ranocchia d'acquasantiera.
In estate
come in inverno
nel fango
nella polvere
sdraiato su
vecchi giornali
l'uomo che
ha l'acqua nelle scarpe
guarda le
barche lontane.
Sa bene che
i battelli
son grandi
topaie sul mare
e che per i
bassi salari
le belle
barcaiole
e i loro
poveri battellieri
portano a
spasso sui fìumi
una
carrettata di fìgli
Jaques Prévert
Nata in Bulgaria, nel paese di Bjala Slatina, il 2 gennaio 1922, Blaga Nikolova Dimitrova
Muore a
Sofia il 2 maggio 2003, all'età di 81 anni (ndr)
ESSERE DONNA
Essere donna
e' dolore
Soffri
scoprendoti adulta.
Soffri di
essere amante.
Soffri
quando sei madre.
Ma
insostenibile e' in terra
il dolore di
essere donna
senza aver
conosciuto questi dolori
fino in
fondo...
1965
DONNA SOLA
IN CAMMINO
Scomodo
rischio è questo
in un mondo
ancora tutto al maschile.
Dietro a
ogni angolo ti aspettano
in agguato
incontri vuoti.
E percorri
vie che ti trafiggono
con sguardi
curiosi.
Donna sola
in cammino.
Essere
inerme
è la tua
unica arma.
Tu non hai
mutato alcun uomo
in protesi
per sostenerti,
in tronco
d'albero per appoggiarti,
in parete -
per rannicchiarti al riparo.
Non hai
messo il piede su alcuno
come su un
ponte o un trampolino.
Da sola hai
iniziato il cammino,
per
incontrarlo come un tuo pari
e per amarlo
sinceramente.
Se arriverai
lontano,
o infangata
cadrai,
o diventerai
cieca per l'immensità
non sai, ma
sei tenace.
Se anche ti
annientassero per strada,
il tuo
stesso partire
è già un
punto d'arrivo.
Donna sola
in cammino.
Eppure vai
avanti.
Eppure non
ti fermi.
Nessun uomo
può
essere così
solo
come una
donna sola.
Il buio
davanti a te cala
una porta
chiusa a chiave.
E non parte
mai, di notte
la donna
sola in cammino.
Ma il sole
come un fabbro
schiude i
tuoi spazi all'alba.
Tu cammini
però anche nell'oscurità
e non ti
guardi intorno con timore.
E ogni tuo
passo
è un pegno
di fiducia
verso l'uomo
nero
col quale a
lungo ti hanno impaurita.
Risuonano i
passi sulla pietra.
Donna sola
in cammino.
I passi più
silenziosi e arditi
sulla terra
umiliata,
anche lei
donna sola
in cammino.
1965
ARS POETICA
Ogni tua
poesia
crea come
fosse l'ultima.
In questo
secolo in volo
supersonico
e saturo di stronzio,
carico di
terrorismo,
sempre più
improvvisa arriva la morte.
Ogni tua
parola invia
come
l'ultima prima della fucilazione,
un grido
impresso nel muro di prigione.
Non hai
diritto ad una menzogna,
neanche
fosse un piccolo bel gioco.
Semplicemente
non avrai il tempo
di
correggere da solo il tuo errore.
Laconicamente
e senza pietà
ogni tua
poesia scrivi col sangue
come fosse
un addio.
1966
FELICITÀ
Nel fondo di
questa notte
la tenebra
mi potrebbe soffocare
se accanto a
me non ci fosse lui -
finestra
aperta, illuminata
da cui
prendere il respiro.
1966
Dalla
raccolta Gong. Poesia scelta, 1976
ERBA
Nessuna
paura
che mi
calpestino.
Calpestata,
l'erba
diventa un
sentiero.
1974
FERRO DI
CAVALLO
Un ferro di
cavallo, perduto da tempo,
superstiziosa,
comincia a mancarmi.
Lo prenderei
in mano come diapason
che misurò
il suono esatto
di ogni
sasso,
di ogni
incavo sul terreno,
di ogni orma
che svanisce.
Lo alzerei
al mio orecchio
col fiato
sospeso, per sentire
l'eterno
echeggiare delle strade
perdute per
sempre,
e l'eco di
una voce, sincera e spenta.
Potessi
ritrovarlo,
prendere il
la sulla mia fronte
e il tono
mio misurare.
Vincenzo
Cardarelli
AMICIZIA
Noi non ci
conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti
nel tempo, c'incontrammo,
alla nostra
incresciosa intimità.
Ci siamo
sempre lasciati
senza
salutarci,
con
pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam
riaspettati al passo,
bestie
caute,
cacciatori
affinati,
a sostenere
faticosamente
la nostra
parte di estranei.
Ritrosie
disperanti,
pause
vertiginose e insormontabili,
dicevan,
nelle nostre confidenze,
il contatto
evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci
è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non aver
ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci
è sempre mancato.
Autunno
veneziano
L'alito
freddo e umido m'assale
di Venezia
autunnale,
Adesso che
l'estate,
sudaticcia e
sciroccosa,
d'incanto se
n'è andata,
una rigida
luna settembrina
risplende,
piena di funesti presagi,
sulla città
d'acque e di pietre
che rivela
il suo volto di medusa
contagiosa e
malefica.
Morto è il
silenzio dei canali fetidi,
sotto la
luna acquosa,
in ciascuno
dei quali
par che
dorma il cadavere d'Ofelia:
tombe sparse
di fiori
marci e
d'altre immondizie vegetali,
dove passa
sciacquando
il fantasma
del gondoliere.
O notti
veneziane,
senza canto
di galli,
senza voci
di fontane,
tetre notti
lagunari
cui nessun
tenero bisbiglio anima,
case torve,
gelose,
a picco sui
canali,
dormenti
senza respiro,
io v'ho sul
cuore adesso più che mai.
Qui non i
venti impetuosi e funebri
del
settembre montanino,
non odor di
vendemmia, non lavacri
di piogge
lacrimose,
non fragore
di foglie che cadono.
Un ciuffo
d'erba che ingiallisce e muore
su un
davanzale
è tutto
l'autunno veneziano.
Giacomo
Leopardi
l’Infinito
«Sempre
caro mi fu quest'ermo colle,
e
questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo
orizzonte il guardo esclude.
Ma
sedendo e mirando, interminati
spazi
di là da quella, e sovrumani
silenzi,
e profondissima quïete
io
nel pensier mi fingo, ove per poco
il
cor non si spaura. E come il vento
odo
stormir tra queste piante, io quello
infinito
silenzio a questa voce
vo
comparando: e mi sovvien l'eterno,
e
le morte stagioni, e la presente
e
viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità
s'annega il pensier mio:
e
il naufragar m'è dolce in questo mare»
SPIAGGIA DI SERA
Così sbiadito a quest'ora
lo sguardo del mare,
che pare negli occhi
(macchie d'indaco appena
celesti)
del bagnino che tira in secco
le barche.
Come una randa cade
l'ultimo lembo di sole.
Di tante risa di donne,
un pigro schiumare
bianco sull'alghe, e un fresco
vento che sala il viso
rimane.
DONNA CHE
APRE RIVIERE
Sei donna di marine,
donna
che apre riviere.
L'aria
delle mattine
bianche
è la tua aria
di sale e sono vele
al
vento, sono bandiere
spiegate
a bordo l'ampie
vesti
tue così chiare.
ALBA
Amore mio, nei vapori di un bar
all'alba, amore mio che inverno
lungo e che brivido attenderti! Qua
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa
di rifresco anche l'occhio, ora nell'ermo
rumore oltre la brina io quale tram
odo, che apre e richiude in eterno
le deserte sue porte?...Amore, io ho fermo
il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitio tra i denti, è forse
di tali ruote un'eco. Ma tu, amore,
non dirmi, ora che in vece tua già il sole
sgorga, non dirmi che da quelle porte,
qui, col tuo passo, già attendo la morte.
PABLO NERUDA
Il tuo sorriso
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d' aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sange macchia
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell' isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l' aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perchè io ne morrei.
VITTORIO SERENI
Strada di
Zenna
.
Ci desteremo
sul lago a un’infinita
navigazione.
Ma ora
nell’estate
impaziente
s’allontana
la morte.
E pure con
labile passo
c’incamminiamo
su cinerei prati
per strade
che rasentano l’Eliso.
.
Si
mutal’innumerevole riso;
è un broncio
teso tra l’acqua
e le rive
nel lagno
del vento
tra stuoie tintinnanti.
Questa
misura ha il silenzio
stupito a
una nube di fumo
rimasta qua
dall’impeto
che poco fa
spezzava la frontiera.
.
Vedi sulla
spiaggia abbandonata
turbinante
la rena,
ci travolge
la cenere dei giorni.
E attorno è
l’esteso strazio
delle sirene
salutanti nei porti
per chi
resta nei sogni di pallidi volti feroci,
nel rombo
dell’acquazzone
che flagella
le case.
Ma torneremo
taciti a ogni approdo.
Non saremo
che un suono
di volubili
ore noi due
o forse
brevi tonfi di remi
di
malinconiche barche.
.
Voi morti
non ci date mai quiete
e forse è
vostro
il gemito
che va tra le foglie
nell’ora che
s’annuvola il Signore
Fernando
Pessoa
Non sto
pensando a niente
Non sono nulla, non posso nulla
Il mito è quel nulla che è tutto.
*
Non sto
pensando a niente,
e questa
cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita
come l’aria notturna,
fresca in
confronto all’estate calda del giorno.
Che bello,
non sto pensando a niente!
Non pensare
a niente
è avere
l’anima propria e intera.
Non pensare
a niente
è vivere
intimamente
il flusso e
riflusso della vita...
Non sto
pensando a niente.
E’ come se
mi fossi appoggiato male.
Un dolore
nella schiena o sul fianco,
un sapore
amaro nella bocca della mia anima:
perché, in
fin dei conti,
non sto
pensando a niente,
ma proprio a
niente,
a niente...
**
Non sono
nulla, non posso nulla,
non perseguo
nulla.
Illuso,
porto il mio essere con me.
Non so di
comprendere,
né so se
devo essere,
niente
essendo, ciò che sarò.
A parte ciò,
che è niente, un vacuo vento
del sud,
sotto il vasto azzurro cielo
mi desta,
rabbrividendo nel verde.
Aver
ragione, vincere, possedere l'amore
marcisce sul
morto tronco dell'illusione.
Sognare è
niente e non sapere è vano.
Dormi
nell'ombra, incerto cuore.
***
Il mito è
quel nulla che è tutto.
Lo stesso sole
che apre i cieli
è un mito
brillante e muto -
il corpo
morto di Dio,
vivente e
nudo.
Questi, che
qui approdò,
poiché non
c'era cominciò ad esistere.
Senza
esistere ci bastò.
Per non
essere venuto venne
e ci creò.
La leggenda
così si dipana,
penetra la
realtà
e a
fecondarla decorre.
La vita,
metà di nulla,
in basso
muore.
Giorgio Caproni
Congedo del viaggiatore cerimonioso
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. E’ una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco.
Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo- odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, son certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
le parole
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambrocche e accolte
con furore di plausi e
disonore;
le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.
![]() |
Valerio Magrelli |
"Ora serrata retinae"
***
Preferisco
venire dal silenzio
per parlare. Preparare la parola con cura, perché arrivi alla sua sponda scivolando sommessa come una barca, mentre la scia del pensiero ne disegna la curva. La scrittura è una morte serena: il mondo diventato luminoso si allarga e brucia per sempre un suo angolo.
***
Il sesso apre vertigini
nel corpo della donna e lo sguardo si accalca tra le sue ombre e ne soffre il pensiero. Il desiderio è questo fruttificare della commozione al limitare delle membra.
***
Come
terreno calpestato, risuona
profondo, cavo e abbandonato come terra scossa, questo corpo chiaro di dona, come un animale battuto, questa schiena fatta lucida da mani silenziose, come pietra levigata dal corso d'altre pietre, senza profumo e senza voce, bocca consumata e debole come una pianta troppo usata, senza ombra, ovunque toccata, ovunque percossa, campo desolato senza erba e senza tracce, senza margini come la dolorosa immagine del cieco, nuda e sospesa, raccota nel cerchio della solitudine, questo è l'ultimo frutto dell'amore che per sè trattiene soltanto la disabitata povertà dell'osso.
***
Domani mattina mi farò una doccia
nient'altro è certo che questo. Un futuro d'acqua e di talco in cui non succederà nulla e nessuno busserà a questa porta. Il fiume obliquo correrà tra i vapori ed io come un eremita siederò sotto la pioggia tiepida, ma nè miraggi nè tentazioni traverseranno lo specchio opaco. Immobile e silenzioso, percorso da infiniti ruscelli, starò nella corrente come un tronco o un cavallo morto, e finirò incagliato nei pensieri lungo il delta solitario dello spirito intricato come il sesso di una donna.
***
Dieci poesie scritte in un mese
non è molto anche se questa sarebbe l'undicesima. Neanche i temi poi sono diversi anzi c'è un solo tema e ha per tema il tema, come adesso. Questo per dire quanto resta di qua della pagina e bussa e non può entrare, e non deve. La scrittura non è specchio, piuttosto il vetro zigrinato delle docce, dove il corpo si sgretola e solo la sua ombra traspare incerta ma reale. E non si riconosce chi si lava ma soltanto il suo gesto. Perciò che importa vedere dietro la filigrana, se io sono il falsario e solo la filigrana è il mio lavoro. |
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EDOARDO SANGUINETI - *La ballata delle donne
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
MILO DE ANGELIS
da Tema dell’addio (2005)
Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.
Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.
L'idea centrale
È venuta in mente (ma per caso, per l'odore
di alcool e le bende)
questo darsi da fare premuroso
nonostante.
E ancora, davanti a tutti, si sceglieva
tra le azioni e il loro senso.
Ma per caso.
Esseri dispotici regalavano il centro
distrattamente, con una radiografia,
e in sogno, padroni minacciosi
sibilanti:
"se ti togliamo ciò che non è tuo
non ti rimane niente".
di alcool e le bende)
questo darsi da fare premuroso
nonostante.
E ancora, davanti a tutti, si sceglieva
tra le azioni e il loro senso.
Ma per caso.
Esseri dispotici regalavano il centro
distrattamente, con una radiografia,
e in sogno, padroni minacciosi
sibilanti:
"se ti togliamo ciò che non è tuo
non ti rimane niente".
Milo De Angelis
EDOARDO ZUCCATO
Guarda,i
puliticant hin ‘me i piùni,
pussé te i casciat via e püssé lur
Turnan indré si süj canal dul tecc.
pussé te i casciat via e püssé lur
Turnan indré si süj canal dul tecc.
Ul
so vers l’è quel d’amur nuèl
in Itagliano, hin simboli di pace
e se tütt or e lüs i sgùlan sü
sü j ustensòri, trach! Spirito Santo.
in Itagliano, hin simboli di pace
e se tütt or e lüs i sgùlan sü
sü j ustensòri, trach! Spirito Santo.
Nom,
suranòm, suracugnòm,”colombo”
in dialett al stà dumà al segond pian
e i grond ho da netàj tré volt a l’ann.
in dialett al stà dumà al segond pian
e i grond ho da netàj tré volt a l’ann.
Guarda,
i politici sono come i piccioni,
più li scacci e più loro
tornano sui canali del tetto.
più li scacci e più loro
tornano sui canali del tetto.
Il
loro verso è quello dei nuovi amori
in italiano, sono simboli di pace
e se tutti d’oro e luce si appollaiano
sugli ostensori, zac! Spirito Santo.
in italiano, sono simboli di pace
e se tutti d’oro e luce si appollaiano
sugli ostensori, zac! Spirito Santo.
Nome,
soprannome, sopracognome, “colombo”
in dialetto abita solo al secondo piano
e le grondaie mi tocca pulirle tre volte all’anno.
in dialetto abita solo al secondo piano
e le grondaie mi tocca pulirle tre volte all’anno.
Nota
Pensare in una certa lingua vuol dire anche pensarla
in un certo modo, e il dialetto che si parla al nord di Milano, lingua madre di
Zuccato, è anche una visione del mondo. […]
E’ proprio vero, rispetto ai politici i poeti parlano un’altra lingua, e non è certo quella che inquina di più.
E’ proprio vero, rispetto ai politici i poeti parlano un’altra lingua, e non è certo quella che inquina di più.
(
da Il Sole 24ore – Paolo Febbraro)
C'è qualcosa che non mi convince....forse, penso alla linea lombarda di italiano povero, ma al loro dialetto così ricco...così fatto di onomatopee..qui mi pare l'operazione da italiano povero a dialetto povero.
RispondiEliminaQuando ho trovato questa poesia inserita tra quelle contemporanee da salvare in assoluto e su un autorevole rivista, mi sono meravigliato un po' anch'io. Ma sai, io prendo sempre tutto per oro colato, anche se la seconda strofa soprattutto io la trovi... poco riuscita. Insomma carina ma non certo un capolavoro. Meno male che sei d'accordo anche tu.
RispondiEliminaVolevo approfittare per dire, che le poesie che di volta in volta vengono inserite, non necessariamente sono ritenute dei capolavori. anzi, alcune volte le metto solo per stimolare la discussione.
L'idea centrale è una poesia stupenda.
RispondiEliminaIn un solo istante ho amato quel letto, quelle bende e quell'ultimo verso.
Non avevo ancora letto i vostri commenti e quindi ero immune da qualsivoglia altra sensazione, non sapevo neppure che era considerata una poesia da salvare...
ma io ne ho percepito la verità
SIamo diversi nei gusti ma è bello per questo
Trovo musicalità e guizzi provocatori in queste poesie di Magrelli.
RispondiEliminaTra le poesie di Montale che amo di più.
RispondiEliminaSì sì lo so. A molti questa poesia di Caproni non piacerà, ma che ci posso fare se ho un debole per il viaggiatore cerimonioso? Oggi non si scrivono più poesie così, anzi si prendono ad esempio per mantenere le debite distanze. Meno male? Che peccato? Bohh fate un po voi. Io , ogni tanto me la rileggo e chi sa perchè non mi mette affatto tristezza, anzi...
RispondiEliminaanch'io l'adoro...un capolavoro
RispondiEliminaDue poesie sincere, quella di Montale sulla parola, quella di Caproni sul congedo.
RispondiEliminaCoinvolgono.
Invece questa di Caproni è una bellezza, punto.
RispondiEliminaScusa Pale, ma quell'invece a che lo attribuisci?
EliminaEra avversativo verso il dubbio di non gradimento di Franco; come dire che non c'è nulla da discutere, è bella e basta, altro che storie! In effetti non hai torto, l'ho messa al posto sbagliato, non si capiva, sembrava volessi contraddire te. No no - e son d'accordo con te sul discorso sincerità.
EliminaUn saluto, Serenella.
Menomale Pale, mi era sembrato che avessi preso come riduttivo il termine sincero.
EliminaAnche a me piace molto... è così sentita e condivisibile.
Pessoa è un vecchio colpo di fulmine. Avevo circa vent'anni quando ho cominciato a scoprire le sue poesie e il suo mondo.
RispondiEliminaDi lui mi hanno affascinata prima i suoi versi, poi la sua complessa personalità. Talmente complessa che lo porta a tirar fuori da sé quella moltitudine di personaggi che erano dentro di sé.
Una vera e propria folla di eteronimi cui diede nome, luogo e data di nascita, nonché una vita e un pensiero propri e che, spesso, si trovavano anche ad imbeccarsi su questioni tra le più disparate, su alcuni giornali dell'epoca. Questo non lo dispensò dal firmare altre poesie col suo vero nome che è sempre un frammento di sé. Feranando Pessoa è l'ortonimo a cui affidò prevalentemente il lato rivolto all'occultismo e all'esoterismo.
Poiché nelle poesie qui presenti, protagonista è il "nulla" tanto caro a Pessoa e eteronimi, mi permetto di citare l'inizio di una celebre poesia "Tabaccheria" firmata Alvaro de Campos eteronimo:
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
Una poesia lunga e articolata che custodisce momenti alti di riflessioni intime ed esistenziali. Fortemente consigliata la lettura.
Ciao
Luino, passeggiata lungo lago verso Zenna e il tempo brutto che fa pensare al poco da vivere che manca, al poi, e nell' indi: il ritorno. Mi incute angoscia.
RispondiEliminaBellissima.
Sereni altro grande poeta da non dimenticare.
e che vuoi che ti dica Franchino, Neruda è "Neruda"
RispondiEliminaa me piace tanto
ciaoooooooo
E ce lo sapevo :-)))
EliminaQuello sì era un uomo che sapeva amare la sua donna.
RispondiEliminaIo lo amai, lo amo e lo amerò.
Il "Franchino" merita un grazie per averla postata.
Buon dì
dimenticavo, forse un refuso o una traduzione sbagliata:
Eliminama, quando si leggono questi versi ci vuole:
vedi che il mio sangue macchia
ciao ciao
Grazie :-)
EliminaEh, sì, una bellissima poesia d'amore che ogni donna vorrebbe le fosse dedicata.
RispondiEliminaNeruda è un grande poeta, uno dei miei preferiti e questa poesia è davvero straordinaria.grazie di averla condivisa
RispondiEliminaUn parlare dimesso questo di Caproni, uno stile piano che a me piace molto. Colpisce l'animo.
RispondiEliminaDonna che apre riviere...soave poesia, dolcissima
RispondiEliminala leggo, la rileggo e mi piace, mi piace, mi piace
buona giornata, a tutti chiaramente
Dite la verità,
RispondiEliminasiete stupiti di trovare L'infinito di Leopardi da queste parti, vero?
Spero non sia troppo grave. :-))))))
Una sorpresa piacevole. Io aggiungerei:
RispondiEliminaGiacomo Leopardi - L'infinito (Nando Gazzolo) - YouTube
► 1:21► 1:21
www.youtube.com/watch?v=Te8tyDDsh2ACondividi
31/lug/2011 - Caricato da AforismarioTube
Giacomo Leopardi - L'infinito, declamato da Nando Gazzolo. Bellissima interpretazione della poesia ...
Ciao Franco, non ti preoccupare è apprezzatissimo, almeno da me, a scuola ho amato Leopardi e continuo a trovarlo straordinario, poi l'Infinito è una delle più belle liriche.
RispondiEliminaL'Infinito di Leopardi.
RispondiEliminaE' un respiro illuminato questo componimento, riesce sempre a trasportarmi quando lo leggo.
Mi è capitato talvolta di provare le stesse sensazioni guardando da certi panorami familiari, e l'idea dell'eterno e del rinnovarsi delle stagioni, perenni ed uguali, così come i sentimenti umani che ci animano di fronte all'infinito.
Questo tramandarsi di generazione in generazione con il passato che ci incide... e il pensiero del futuro che prosegue attraverso noi.
Splendida, davvero splendida questa poesia.
Quanto ci sarebbe da dire su Leopardi sommo poeta e ancor più grande filosofo e scienziato.
Trovo più commenti su poeti sui giardini dei vicini. Vedi l'ultimo il buon Carver. Forse ci parlano di mondi lontani e noi ammalati di esterofilia ci tuffiamo.
RispondiEliminaCardarelli, già: io lo conobbi ed era ammalato, io non capivo di che cosa soffrisse, ero una ragazzina, ma vederlo imbacuccato in un cappotto pesante e aveva una grossa sciarpa avvolta intorno a collo mi fece una certa impressione, ci saranno stati trenta gradi! Il mio padrino mi sussurrò: è ammalato di freddo.Mi rimase impressa questa strana figura e lessi allora molte sue poesie.e imparai a memoria credo "Autunno Veneziano". Questa è bella, ma se qualcuno vuole venire a camminare con Cardarelli per le calli...prego:
Gassman recita "Autunno veneziano" di Vincenzo ... - YouTube
► 2:19► 2:19
www.youtube.com/watch?v=xocqW6qG4...
16/ago/2010 - Caricato da RAITVcultura
Il mattatore recita una poesia di Cardarelli tra i canali e le calli di Venezia nel programma "Cammin ...
Scusatemi, ma non potevo lasciarlo solo.
Ecco fatto. Ottima idea! Grazie
RispondiEliminaMolto bella e profonda "L'amicizia".
RispondiElimina"Autunno veneziano": la poesia recitata da Gassman è diversa, e più bella, rispetto alla versione riportata sotto. Sole le ultime strofe convergono. Cardarelli ne ha fatto due versioni?
Segnalo il refuso ( per rispetto al Poeta ): Prévert, con l'accento acuto.
RispondiEliminaSid
Poesie che scaldano sempre il cuore sul tuo blog.
RispondiEliminagrazie Franchino per allietarmi la giornata e per fornire cibo sano alla mia mente
ciao e buona serata
Disincantato Prévert, bella la poesia "In estate come in inverno".
RispondiEliminaPrevert! I giovani lo conoscono come poeta dell'amore. Ed è anche e
RispondiEliminasoprattutto grande poeta dell'incomunicabilità e del disagio sociale. Un grande.
Proprio ieri ricorreva il giorno della sua morte, morte fisica naturalmente, perché la sua voce è ancora con noi.
(il giornalino dei poeti che mi arriva puntuale lo ricordava!)
Grazie
Naturalmente so di scontentare un pò tutti, specie i partigiani del tema.
RispondiEliminaPenso che la letteratura poetica straniera debba avere giustamente un posto importante da noi, almeno per doverosa conoscenza se non di apprendimento.
Ma quando mi ci accosto, mi assale sempre un'angoscia mentale.
Rifacendomi ad esempio al Neruda pluricommentato in questo blog, son sempre riandato all'ingiustizia da lui patita.
La sua opera, fuori della Patria, è purtroppo figlia di più autori, il Neruda ed il suo/suoi traduttori.
In tutti i classici interpretati a più mani dell'Oriente, Occidente, Nord e Sud non ho mai trovato due testi sullo stesso soggetto uguali tra di loro.
Ognuno ha sempre tradotto secondo le proprie sensibilità, conoscenza della lingua, ecc.
Per lo più falsando l'autenticità degli scritti.
E ci credo.
Pensate che quando stendo una poesia, per mesi ( talora anni ) mi alambicco su un aggettivo, un avverbio, un lemma, ecc., ricercando la parola più adatta ad esprimere il concetto, l'emozione cantata.
E allora anche qui sollevo le più ampie riserve sulla poesia del nostro cileno, roso dal dubbio che essa sia più opera del traduttore che di Neruda.
Naturalmente il danno appare maggiore nelle liriche, a causa dela loro necessaria compattezza e brevità, più che nella narrativa per sua natura ampia e diluibile: ma anche qui certi modi di dire in lingua spesso sono intraducibili e incomprensibili, per cui è nessario il ricorso ad un giro di parole, ma a scapito dell'efficacia della resa.
Conchiudo con un esempio.
La versione dell'< Imitazione di Cristo > di Padre Bianchi priore della comunità monastica di Bose è un vero inno al sacro, quella letterale di certi altri uno schifo incredibile a credersi.
Sid
beh syd, tradurre è tradire, si sa. Si può sempre fare come Eliot che imparò l'italiano giusto per leggersi la Divina Commedia. Inoltre, ce lo immaginiamo l'immane lavoro di tradurre in polacco o in cinese la stessa? Come tradurre perfettamente rime e ritmo? Impossibile, però, io sono del parere che se un testo, qualsiasi, (lo stesso discorso vale anche per la letteratura in generale e mi diceva una mia amica russa che Dostoevskij in italiano le faceva orrore), riesce ad arrivare nonostante la traduzione, allora è un gran testo. Io prendo sempre le poesie in originale con le traduzioni a fronte, che mi serve come guida se conosco la lingua. Sarebbe però peccato evitare di leggere Rimbaud o Baudelaire sono perché non si conosce il francese. La nostra poesia novecentesca deriva da lì, dai simbolisti francesi che si ispirarono ai romantici inglesi o tedeschi che a loro volta si ispirarono anche a Dante, Petrarca insomma....le culture diverse sono state un arricchimento.
RispondiEliminabrava PattiS, mettiamoci dentro anche i grandi poeti greci e latini.
RispondiEliminaErrata corrige: < lambicco >, nel mio testo.
RispondiEliminaLa vista si fa sempre più debole e stanca.
Chiedo venia.
Sid
Cara PattiS, a meglio lumeggiare quanto detto trascrivo il distico di una mia poesia ( < Il cippo > ):
RispondiElimina"Ecco lasso su freddo cippo siedo:
un poco, quinci a la magione riedo. "
Dimmi quale trasposizione straniera saprebbe rendere la classicità e l'atmosfera di ciascun verso ( absit superbia verbis ).
E quindi dell'intenzione letteraria.
Impossibile dico io, sempre più convinto dell'intraducibilità poetica, a pena di tradire il sentimento, la forma, la musicalità prescelti con sofferenza intellettuale.
Per l'amica Elisa.
Per carità, gli ipermodernisti già ci tacciono di inadeguatezza termporale, figuriamoci a scomodare i Grandi della classicità...
Sid
eh....temo che gli stranieri dovranno farsene una ragione...:-), ti teniamo tutto per noi (sig)
RispondiEliminaAmor de terra lonhdana,
RispondiEliminaPer vos totz lo cor mi dol.
Perché non in provenzale allora? Ancora più evocativo
Per conchiudere, mi corre l'obbligo di riportare questa terzina dei mistici spagnoli Teresa de Ávila e Juan de la La Cruz che ebbero a scrivere entrambi con lo stesso titolo la lirica < Vivo sin vivir en mí >:
RispondiElimina" Vivo sin vivir en mí,
y de tal manera espero,*
que muero porque no muero."
L'ultimo verso ricorre martellante a ritornello finale in tutte le successive strofe delle due poesie.
Come mai potrebbe esser forzato in altra lingua la sua semplice , dolente sonorità corporea?
Ho letto diverse raffinate traduzioni del verso, ma nessuna ha saputo esprimerne la compostezza.
Sid
Errata corrige: < forzata >.
RispondiEliminaI caratteri sono troppo piccoli per la mia vista ormai affaticata dagli anni.
Sid
"Traversando la Maremma Toscana"
RispondiEliminaDelicatamente nostalgica, con riferimenti al passato e alle delusioni che la vita inevitabilmente distribuisce, eppure con un appiglio a qualcosa di positivo sul finale, proprio di chi non vuole cedere alla malinconia.
E' una poesia che rientra fra quelle sue che preferisco.
Sull'Alda Merini, ricordo soprattutto due cose:
RispondiEliminaa) - Il vitalizio Bacchelli strappato allo Stato Italiano a furor di popolo.
b) - La sua casa sui Navigli, nella confusione e nel degrado.
Come il disordine abitativo dell'ultimo Sandro Penna.
Un pò pochino, direte voi: beh, ognuno ha i suoi limiti.
Sid
A me il Kahlil sentenzioso non è mai piaciuto ( come altri ), specie in poesia.
RispondiEliminaAl massimo preferisco un aforisma.
Perchè come ognuno può constatare ogni asserzione < universale > ammette anche il suo esatto contrario.
Vale il paradosso di Epimenide: se dico di mentire, o dico la verità e allora mento, o mento e allora dico la verità.
Siddharta
Benni? Quella sua poesia è stampata sulla mia t shirt e quindi...ottima scelta
RispondiEliminaC. Porta
Il Benni proposto?
EliminaTroppa retorica, e con ciliegina finale purtroppo...
Siddharta
Retorica voluta, credo, proprio per spiazzare con una chiusa che ho trovato divertente
EliminaLa poesia di Benni la trovo retoricamente ben messa e finemente studiata per arrivare a quel finale spiazzante e divertente.
RispondiEliminaNon so onestamente esprimere un giudizio, quel finale del Benni mi ha spiazzata. Sul momento l'ho trovato divertente, ma poi rileggendola mi ha lasciato l'amaro in bocca: forse una bella poesia sprecata.
RispondiEliminaciao a tutti
RispondiEliminaio, invece, la trovo simpatica proprio per quel finale...diversamente sarebbe banale.
E' proprio nello stile di Benni questa poesia.
ah, Franco, complimenti per il Milan grrrr
Anche per me il senso della poesia di Benni sta tutta in quel finale, la parte precedente è solo la preparazione.
RispondiEliminaL'abbiamo fatta come esercizio col gruppo di teatro amatoriale.
A me piace molto anche l'altra di Benni "le piccole cose", non so se qui l'hai già postata Franco è bellissima da fare come esercizio teatrale :-)
< Adolescenti > di Vladimir Majakovskij.
RispondiEliminaIl mostro sacro del comunismo sovietico.
E quale lettore avrebbe il coraggio di mostrargli il pollice verso?
Anche se mi punge il sospetto che al suo suicidio possa aver contribuito anche se in ritardo la scoperta della verità sulla dittatura staliniana.
Comunque qui siamo alla carcerazione zarista per reato di resistenza ideologica , che come si sa è aberrante sotto ogni latitudine.
Per antonomasia la Poesia si presenta peculiare in ogni Paese d'origine, financo nei vernacoli locali.
Chiaro quindi che per me dalla mentalità classica italiana e per giunta ottocentesca, questa lirica assuma valore soprattutto di denuncia sociale.
Con quella freddezza esteriore e calore intrinseco sempre suscitati dall'orrore della restrizione in vincoli.
Che differenza passa tra la versificazione in carcere e quella nell'intimità della propria casa?
Molta secondo l'Autore, nessuna per me: la sofferenza interiore può sussistere intensa in entrambe.
Altro discorso è il dolore fisico, come valore aggiunto.
Certo i due mondi sono diversi, ma può la rabbia annullare l'emozione della natura?
Infine quel < a me... mi >, che non soddisfa.
Anche se forma volutamente insistita forse dal traduttore a sottolineare la genuinità dello spirito di ribellione.
SIDDHARTA
Palazzeschi, un poeta alla ricerca di un nuovo linguaggio per meglio affermare, attraverso la sua poesia giocosa e fanciullesca, l'autenticità nei rapporti umani in nome della propria concezione di avanguardia.
RispondiEliminaDi Palazzeschi invece mi piace la seguente, forse per via di Poggio Ridente, il paesino della mia infanzia:
EliminaRIO BO
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, è vero,
paese da nulla, ma però...
c'è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un dipresso...
occhieggia con la
punta del cipresso di Rio Bo.
Una stella innamorata?
Chi sa
se nemmeno ce l'ha
una grande città.
Sidddharta
E' una delle sue poesie più famose.
Eliminaquando si dice : che bel davanzale...
RispondiEliminasimpatica questa poesia, non la conoscevo,mi ha messo di buon umore
e' come il cadavere d'un bimbo molto amato che il padre veglia...pare che quando la prima moglie si suicidò, fosse incinta.
RispondiEliminamolto romantico questo poeta, le sue poesie non lasciano indifferenti.
belle, mi sono piaciute.
Molto belle anche per me queste poesie. La seconda in particolare, con quel senso di solitudine che riesce a dare.
RispondiEliminaShelley sentiva molto il legame con la natura.
Era un aristocratico anticonformista, insofferente ad ogni forma di disciplina e che fu sempre denigrato in vita per le sue idee anarchiche. Era un vegetariano (scrisse diversi saggi in cui difendeva la dieta vegetariana): amava il mondo animale e metteva in relazione la mente umana con la natura che ci circonda. Essa per lui era Dio e il mondo stesso e riteneva che stesse al poeta, traendone ispirazione, risaltare il filo invisibile del poema universale attraverso tutto quello che di bello la natura può offrire .
Come sono monotono in fatto di gusto poetico....leggo, leggo e alla fine mi rimane dentro solo quel "ramoscello gelido" di Shelley e l'endecasillabo del Carducci. Poi, quando ti imbatti nell'Infinito di Leopardi hai la sensazione che tutto il resto scompaia nel nulla.
RispondiElimina