Tre Solitudini
(secondo ritratto)
Ho sempre fatto la casalinga. La mia
famiglia è stata all’antica nell’educarmi, insegnandomi a sviluppare le doti
prettamente femminili, quelle cioè capaci di preparare buoni pranzetti e fare
felice il proprio uomo (a letto con una disponibilità perenne; fuori, con gli
amici, tacendo e ascoltando con occhi rapiti e cuore attento i discorsi del
coniuge).
Ho
quindi imparato a tenere pulita la casa, a rassettare i letti, a preparare
pietanze non ricercate ma gradevoli al gusto. Nel matrimonio, non ho avuto
molta scelta: le passeggiate con le amiche sul corso principale del paese sono
state rare, gli amici maschi conosciuti, pochi.
Così quando un ragioniere, con lavoro fisso
presso una ditta che esportava agrumi, si è presentato a casa per chiedere la
mia mano, i miei genitori, per fare il mio bene e regalarmi una vita dignitosa,
in prosecuzione di quella già donatami, hanno acconsentito. Io, in fondo, ero
contenta: mi era offerta la possibilità di uscire definitivamente da casa, di
provare da sola a organizzare la mia vita, dandole insomma quello slancio
emotivo e pratico che a casa subiva continue battute d’arresto. Ricordo il
giorno del mio matrimonio, non tanto perché fosse la realizzazione di un sogno
a lungo coltivato, quanto per le discussioni sulla ripartizione fra le due
famiglie delle folli spese che sono occorse per quella messinscena.
All’inizio mio marito mi rispettava, e nel
fare l’amore badava anche a stimolare e soddisfare i miei desideri. Si sa come
vanno queste cose: passati i primi tempi, la passione scema, la fantasia
decade, le preoccupazioni legate a una vita in due prendono il sopravvento.
Sull’impegno lavorativo di mio marito,
niente da eccepire: oltre le canoniche otto ore, ha cercato di fare tutto lo
straordinario possibile che la ditta gli richiedeva. Ciò man mano l’ha portato
a stare fuori di casa per giornate intere, anche se mai ho temuto che avesse
l’amante. Obiettivamente, mio marito non è un adone, ha pochi grilli per la
testa, non è amante di cinema, di teatro, di letteratura, e soprattutto non
guadagna grosse cifre. Un membro della maggioranza silenziosa, direi. Da buon
siciliano, non ha mai voluto che io m’impegnassi in lavori fuori di casa: la
moglie, a ripetermi sempre, è l’angelo del focolare, ha il dovere di crescere,
restandogli sempre vicina, i figli che verranno. Non voglio correre il rischio,
per guadagnare di più, per avere il secondo televisore e la seconda macchina,
di avere dei figli sbandati, privi di quel calore affettivo che solo la
presenza della madre a casa può assicurare. Questi i discorsi che ormai avevo
imparato a memoria, vista la frequenza con cui li esponeva.
Venivo da una famiglia in cui ragionamenti
simili erano pane quotidiano, non c’è da meravigliarsi quindi se mai ho provato
a dire di pensarla diversamente.
Alla lunga, questa prolungata inattività
mentale (la fatica fisica non mancava, se volevo tenere lucidi i pavimenti, far
brillare le stoviglie, preparare succosi pranzi e cene) mi ha scosso un po’ il
sistema nervoso. Ho cominciato a non avere più un sonno regolare, ho perso,
almeno in parte, l’entusiasmo per una vita borghese che, a ben guardare,
rappresentava più una prigione che lo sviluppo della mia personalità, dei miei
sogni, dei miei progetti (anch’io, da casalinga, ne avevo la valigia piena).
Ho dovuto trovare uno sbocco a questa
insoddisfazione latente, non volevo che il rapporto coniugale si spegnesse
completamente. Pian piano ho provato a fare amicizia con le altre casalinghe
del condominio; non tutte hanno risposto, alcune per ritrosia, altre per
acquiescenza al proprio modo di vivere il matrimonio. Con una, in particolare, la scusa del
prendere insieme il caffè a metà mattinata ha funzionato. Si è sviluppato il
desiderio di conoscersi meglio, di raccontare il proprio vissuto. Niente di
nuovo sul fronte occidentale, come recita il titolo di un vecchio film, nel
senso che nessuna novità è uscita dalle nostre labbra, che già non facesse
parte dell’esperienza dell’altra. È stata proprio questa identità di situazioni
che ci ha fatto sentire più vicine sul piano emozionale.
Poi, un giorno, è successo. In un momento
di commozione, lei mi ha preso la mano e l’ha appoggiata sul suo seno, come a
dire che il cuore partecipava pienamente al mio racconto. Mi ha carezzato le
gambe con una delicatezza e una dolcezza mai ricevute prima. Infine, un bacio
sulla fronte ha suggellato quel momento d’intimità. Da allora, abbiamo
moltiplicato le occasioni d’incontro, non è stato solo il prendere il caffè
insieme a farci cercare reciprocamente; ogni scusa era buona per ritrovarci
sempre più spesso, per tenerci sempre più spesso strette le mani. I gesti
d’affetto si sono moltiplicati, estesi all’intero corpo.
La delicatezza dei movimenti, l’attenzione
alle esigenze dell’altra non fanno parte dell’universo maschile, la sensibilità
femminile è di tutt’altra pasta. Col crescere delle confidenze fisiche, è sorto
il desiderio di essere carezzate più a lungo, anche in quei recessi nascosti
alla vista, là dove si avverte il desiderio di essere possedute e di darsi per
intero, anima e corpo, come si dice.
Senza rendermene conto, sospesa fra
sorpresa e stupore, ho considerato di essermi innamorata. Nessun’altra
spiegazione per giustificare un desiderio così forte, un languore così
estenuante, una sconfitta della ragione così totale. Sensazione di
allontanamento dai codici di comportamento imparati in un’intera vita,
partecipazione eccitata a un modo d’essere mai prima conosciuto o immaginato.
In breve, siamo diventate amanti. Come per
magia, le tensioni si sono allentate o addirittura sono scomparse, i desideri
inespressi al coniuge son venuti fuori avendo la certezza che qualunque
richiesta sarebbe stata esaudita senza provare vergogna. Con lei mi sono
sentita veramente donna, pienamente accettata.
E il brusio fitto che seguiva diventava
completamento orale del piacere di rimanere insieme, ancora non sazie del
nostro ritrovarci.
Sentirsi alla pari, nessuna premura nel
prendersi il proprio piacere a letto, le paroline dolci come segno che non è il
desiderio del momento a spingere nel cercarci. Dopo aver fatto l’amore,
avvertire ancora la tenerezza dell’essere l’una accanto all’altra, a
condividere il sogno di alzarsi sempre più, di volare oltre le cime più alte,
invece di girarsi subitamente dall’altra parte del letto. Le carezze per
colmare la distanza, senza consumarla nel possesso.
Da dove entra la luce? Non lo so, forse
siamo noi a chiudere le persiane per non incontrarla; e forse la facciamo
filtrare solo dalle fessure per non scostarci dalla solitudine. Una finestra
per affacciarsi, ci vorrebbe, e non contentarsi del lume fioco che permette di
vedere al buio, ma disabitua a osservare intorno con rinnovato stupore, con
sguardo fanciullo e teneramente appassionato.
L’omosessualità femminile, solleva spesso molti interrogativi, anche se è frequente quanto l’omosessualità maschile. Senza voler affrontare in questa sede un discorso sulla sessualità, in generale c'é sempre una situazione insolita che stimola e provoca il piacere puro e semplice il cui coefficiente di godimento dipende da quanto la situazione possa definirsi eccitante. In tutto ciò rimane irrisolta la domanda se la sessualità sia amorale, nel senso che qualsiasi circostanza che possa provocare il piacere ben venga. Naturalmente, per questioni intuibili, la società cerca di difendersi proprio da ciò che sembra provocarle piacere. Ma questo è un altro discorso. Interessante Salvo, molto interessante e come sempre, ben scritto.
RispondiEliminaLa genetica, tra le varie teorie, avrebbe dimostrato scientificamente che l'omosessualità sia fattore ereditario per via materna: se ho capito bene primieramente quella maschile.
RispondiEliminaAnche se a mio parere mi puzza troppo di ripiego mascolino per gettarne la colpa sulla donna,
autoassolvendosi.
Comunque parrebbe che un terzo degli umani sia direttamente o indirettamente omosex.
La Sicilia: colà gli invitati al matrimonio sono per costume tantissimi e il rito fastoso.
Le < buste > agli sposi assai ricche.
Modalità, mi dicevano, a cui non ci si può sottrarre socialmente.
Personalmente ho poi visto rinnovare la celebrazione in chiesa dopo ogni tot anni di matrimonio.
Il racconto.
Sul merito sospendo ogni giudizio, salvo un certo malessere che mi prende ogni volta che leggo o sento affrontata la questione ( oggi esprimere il proprio parere è come maneggiare l'instabile nitroglicerina... ).
Sull'estetica, il testo è ben condotto, anzi ottimamente.
Siddharta
Un argomento scabroso affrontato con delicatezza e in un momento molto attuale.
RispondiEliminaNon è facile esprimersi su certe situazioni.
L'omosessualità è esistita da sempre e, anzi, nei tempi antichi, con determinate regole, era normalmente accettata. Momenti di repressione durissima si sono invece verificati successivamente, (il culmine si ebbe nel trecento; ai tempi della controriforma protestante e ai tempi della seconda guerra mondiale, con persecuzioni e uccisioni).
Per fortuna oggi si accetta democraticamente la libertà individuale anche dal punto di vista sessuale.
Per quanto riguarda le nozze gay, il discorso penso sarebbe troppo lungo e non pertinente in questo contesto.
bravo, scritto veramente bene.
RispondiEliminami ha dato solo una lieve sensazione di spiare, leggendo, pagine di un diario,hai saputo troppo sapientemente descrivere emozioni e sentimenti con una delicatezza che, sbagliando, si potrebbero attribuire ad una penna femminile.
Mi piace moltissimo la tua scrittura, spero di poter proseguire a deliziarmi leggendo i tuoi racconti.
Ottimi racconto che mette in evidenza un tema scottante: l'omosessualità, a volte, scoperta anche dopo il matrimonio. Concordo con Carla sul fatto che hai scritto con eccezionale sensibilità, hai fatto gustare fino in fondo una storia che, in realtà, non ha nulla di straordinario, però tu l'hai resa così dolce da renderla molto gradevole alla lettura.
RispondiEliminaNon è la prima volta che ti cali nella testa e nel corpo di una donna. Mi pare che ci riesci sempre molto bene. Come in questo caso. Un po' anacronistica la parte iniziale. Grazie a Dio oggi la donna non arriva più a sposarsi per "fuggire" di casa e il suo ruolo va oltre quello dell'angelo del focolare domestico.
RispondiEliminaMa per il resto sei riuscito a ben tratteggiare quelle che, penso, possano essere le motivazioni di una donna attratta dallo stesso sesso.
Gran bel racconto, Salvo, con il tuo passo lento e dolcemente inesorabile, per cui tutte le cose buone e cattive, alla fine dei giochi, tornano. Bravo bravo bravo.
RispondiEliminaFranco