Come ha
scritto (mi pare) Oreste del Buono, esiste qualche tenue possibilità che Voi
non conosciate Stephen King. E' invece impossibile che Lui non conosca Voi.
Se non avete
letto un suo libro, avrete visto un film tratto da uno di essi (peccato che il
più delle volte siano vere schifezze), alle volte anche senza saperlo.
Sicuramente,
qualcuno ve ne avrà parlato. Mi perdonerete, quindi, se, da
“consumatore” di narrativa e da autore dilettante di racconti del brivido lo
faccio anch'io dividendo il presente intervento in più parti riguardanti:
A) le
tematiche, ossia 1) il potere del desiderio ed il potere della narrazione 2)
l’infanzia 3) il rapporto con le cose 4) la vita di provincia
B) lo stile ed uno sguardo di insieme.
LE
TEMATICHE
1) il potere del
desiderio e il potere della narrazione;
Lo stesso King
afferma (Danse Macabre) che tutta la narrativa fantastica, e forse tutta la
narrativa, ruota attorno al concetto di potere: la cattiva narrativa narra di
chi il potere ce l'ha e lo usa, quella buona di chi il potere lo conquista a
caro prezzo, lo perde, o, comunque, ha con esso un rapporto conflittuale.
Coerentemente
con questa premessa l'autore sottende, in quasi tutti i suoi scritti, che,
appena sotto la superficie delle cose (o incommensurabilmente sopra di essa)
agiscono forze spaventose, "fantastiche" nel senso più ampio del
termine, che hanno strettamente a che fare col senso della vita e con le quali
tutti dobbiamo fare i conti. La nostra incapacità, voluta o no, di rapportarci
con questo mondo trascendente, allorché entriamo in contatto con esso, è la
fonte dell'orrore.
La
possibilità (anche se non la certezza) di salvezza è data dal potere
dell'immaginazione, il quale si esprime, spesso, attraverso il racconto. King
lo dice in maniera evidente, per esempio, in "La metà oscura": e'
l'atto stesso del narrare ad evocare ed esorcizzare George Stark. E' il potere
dell'immaginazione (e, in senso lato, della fede), a consentire di sconfiggere
IT, oppure che permette ad Alan Pangborn di esorcizzare Leland Gaunt (il nome
Gaunt è un omaggio a Lovecraft). E' sempre il potere del narrare e della
memoria che riporta Lisey nel mondo alieno dove il marito viveva la sua doppia
vita.
Nel più
recente “Duma Key” la forma d’arte è la pittura, e non la scrittura, ad aprire
le porte dell’Oltre (complice, come negli esordi de “La Zona Morta”,
l’irruzione dell’imponderabile – l’incidente d’auto – che scardina le nostre
certezze quotidiane), ma il discorso non cambia.
Ovviamente,
questo potere ha un vasto lato oscuro e, quindi, è in grado creare, più o meno
direttamente, dei mostri (l'infermiera di Misery, i fantasmi di Shining, il già
citato George Stark, lo "Spilungo" di Lisey, etc.).
Parlare
tuttavia di un sentimento religioso, in King, è eccessivo.
Senza dubbio
non si può parlare di religione tradizionale od organizzata.
Il critico
americano Edward Casebeer, citato da Massimo Introvigne, definisce King come
uno “sciamano moderno” che, prosegue lo stesso Introvigne “Accompagna
milioni di persone verso un incontro diretto con la morte, che in altri
contesti tutti cercano di evitare. Come uno sciamano, insegna loro ad
addomesticare la morte attraverso semplici rituali che riaffermano la fedeltà
non a istituzioni complesse, ma alla famiglia o alla tribù. Ma si tratta di uno
sciamano minimalista, che di fronte alla morte e all’orrore non presenta senza
ambiguità la risposta religiosa tradizionale… né propone con chiarezza
un’alternativa esoterica e gnostica come fa una Anne Rice. Suggerisce, al
massimo, l’efficacia dei piccoli riti del quotidiano.”[1]
Credo che la prova più di questo
atteggiamento stia nel finale di “It” dove il futuro scrittore Bill Denbrough
si oppone all’entità malefica che dà il titolo al romanzo ripetendo, come un
mantra, uno scioglilingua infantile. [2]
All’awe,
al cosmic horror lovecraftiano, al wonder and terror di
Fritz Leiber, al terror (contrapposto ad horror) della
Radcliffe, insomma, a quella paura non disgiunta a meraviglia che segna la
scoperta dell’insignificanza dell’uomo in mondo spaventosamente grande e
incomprensibile, assai spesso ostile, assai spesso indifferente, King
contrappone – quasi in una personale versione della poetica del “fanciullino” –
il potere del microcosmo infantile.
E tutto
questo ci porta al punto successivo.
[1] Avvenire.
Quotidiano di ispirazione cattolica, anno XXX, n. 20, 24-1-1997, p. 18.
[2] Stanno stretti sotto i letti sette spettri a denti
stretti : si tratta in realtà di un omaggio al romanzo di Curt Siodmak “il
cervello mostro”.
Interessante l’inizio di questo articolo, ricco di spunti sulla narrativa in genere e l’horror in particolare. Di concerto con Rubrus, data la sua ampiezza, abbiamo pensato fosse meglio proporlo su queste pagine in cinque parti e a scadenza fissa: il mercoledì e la domenica.
RispondiEliminaHo trovato stimolante la parte in cui si sostiene che King sia uno “Sciamano minimalista”. Che potrebbe sembrare una contraddizione, un controsenso in termini, ma che tuttavia rende perfettamente l’idea.
Ed in fondo è proprio vero, perché come uno stregone King evoca la morte, risveglia le nostre paure ataviche, solleva i mali ancestrali e poi non ci difende col il più classico degli esorcismi un “vade retro satana” col crocefisso in mano, non ci propone soluzioni fantascientifiche ma per liberarci dal male, per scacciare i fantasmi ci offre vie d’uscita semplici e domestiche, come il ritornello o scioglilingua che diventa un mantra, una coperta calda che ci protegge.
ah sì è un po' una "spatafiada"... ma insomma... chi non è interessato non legge o smette di leggere. Penso che farsi dominare dall'ansia della visibilità e della "commentite" acuta sia controproducente. Ciò che mi è interessa è che chi potrà trovare interessante l'argomento arrivi alla fine con la sensazione di non aver perso tempo.
RispondiEliminaPoi... come disse Stanlio ad Ollio "se non siete interessati non leggete questo annuncio".
Sei nella media, guardati in giro;-)
EliminaIo non la trovo una spatafiada, e te lo dico non per piaggeria ma per convinzione. Tieni conto che non sono mai riuscito a leggere volentieri King. Mia moglie invece ne fa incetta, pertanto sono abituato a vedere i suoi libri girare per casa, eppure non mi attrae la sua scrittura, dopo poche pagine sono costretto all'abbandono. Ma io non faccio testo, è difficile che arrivi in fondo a un libro, è per questo motivo che leggo di preferenza racconti. Mentre sono un fanatico di certi suoi film, quelli meglio riusciti naturalmente. Comunque questo è un signor articolo e sono orgoglioso di metterlo in archivio. Quando sarà finito naturalmente ;-) Adesso siamo solo all'inizio.
Certo sarà interessante leggerlo tutto l'articolo, così rimane solo un accenno.
RispondiEliminaNon credo di aver mai letto i suoi libri, ma ricordo perfettamente due film tratti dai suoi romanzi: "Il miglio verde" e "Le ali della libertà". Li ho trovati due buoni film, molto interessanti e suggestivi, capaci di trasmettere emozioni.
A Stephen King la fantasia non fa certo difetto.
Ho letto recentemente che di King è uscito il suo ultimo libro "Doctor Sleep", ma solo in lingua inglese (se la cosa può interessare King sarà in tour promozionale, cosa più unica che rara, in Francia e Germania nel mese di novembre).
Sulla stampa americana, la critica ne ha parlato in maniera positiva, anche se viene giudicato un horror non così pauroso e interessante come Shining.
L'australiano "The Courier", riporta, però, una critica meno elogiativa:
King, pur con la genuina maestosità del suo talento, sembra essersi impegnato in una folie de grandeur. Sembra stia scarabocchiando i suoi personaggi, permette a quelli secondari di offuscarsi fino ad andare fuori fuoco e ai principali di fare come gli pare, senza preoccuparsi della trama".
Insomma, siamo lontani dal periodo in cui Stephen King era etichettato come produttore di letteratura spazzatura, molta acqua è passata sotto i ponti, molti anni sono passati, e molte sue opere da allora.
non anticipo nulla ma sono d'accordo con The courier. Rimane l'abilità di scrittura, ma la capacità di costruire buone trame, di gestire meglio gli spunti, è andata un po' persa. Joyland, l'ultimo, ha almeno due contraddizioni/lacune nella trama e calca un po' sullo strappalacrime. I relativamente recenti "The Dome", "Blaze" ed altri sono sviluppi di spunti scritti anni fa. E "Doctor Sleep" è appunto il sequel di Shining. Il miglior King è quello degli anni '70/'80 fino a "Mucchio d'ossa".
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