Erri De Luca nasce a
Napoli il giorno 20 maggio 1950. A soli diciotto anni (è il 1968) si
trasferisce a Roma dove entra nel movimento politico Lotta Continua - una delle
maggiori formazioni extraparlamentari di orientamento comunista rivoluzionario -
divenendone uno dei dirigenti attivi durante gli anni Settanta. In seguito Erri
De Luca impara diversi mestieri spostandosi molto, sia in Italia che
all'estero: compie esperienze come operaio qualificato, autotrasportatore,
magazziniere, operaio qualificato, camionista e muratore. Studia diverse lingue, tra cui lo yiddish e l'ebraico antico;
inizia così a tradurre libri della Bibbia, cercando di mantenere la traduzione
il più possibile aderente e fedele all'originale. L'esordio come scrittore
risale al 1989, con il romanzo 'Non ora, non qui'. A questo debutto un po'
tardivo sul panorama letterario corrisponde una produzione ricchissima.
Due
Quando saremo due saremo veglia e sonno
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l'uguale di nessuno
e l'unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l'universo
diventerà diverso.
Considero Valore…
Considero
valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero
valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero
valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la
stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero
valore quello che domani non varrà più niente
e quello che
oggi vale ancora poco.
Considero
valore tutte le ferite.
Considero
valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in
tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare
gratitudine senza ricordare di che.
Considero
valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il
nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero
valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza
del condannato, qualunque colpa sia.
Considero
valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di
questi valori non ho conosciuto.
da “Opera
sull’acqua e altre poesie”
Mamm'Emilia
In te sono
stato albume, uovo, pesce,
le ere
sconfinate della terra
ho
attraversato nella tua placenta,
fuori di te
sono contato a giorni.
In te sono
passato da cellula a scheletro
un milione
di volte mi sono ingrandito,
fuori di te
l'accrescimento è stato immensamente meno.
Sono
sgusciato dalla tua pienezza
senza
lasciarti vuota perché il vuoto
l'ho portato
con me.
Sono venuto
nudo, mi hai coperto
così ho
imparato nudità e pudore
il latte e
la sua assenza.
Mi hai messo
in bocca tutte le parole
a
cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella
l'inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella
l'insegna il figlio.
Da te ho
preso le voci del mio luogo,
le canzoni,
le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho
ascoltato il primo libro
dietro la
febbre della scarlattina.
Ti ho dato
aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere
una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le
parole crociate, ti ho versato il vino
e ho
macchiato la tavola,
non ti ho
messo un nipote sulle gambe
non ti ho
fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho
imparato il lutto e l'ora di finirlo,
a tuo padre
somiglio, a tuo fratello,
non sono
stato figlio.
Da te ho
preso gli occhi chiari
Non il loro
peso
a te ho nascosto
tutto.
Ho promesso
di bruciare il tuo corpo
di non darlo
alla terra. Ti darò al fuoco
fratello
vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò
nell'aria dopo l'acquazzone
all'ora
dell'arcobaleno
che ti
faceva spalancare gli occhi.
Botta di salvezza
Ho bisogno
d’inventare una rima
tra quello
che sta succedendo
e qualcosa
di altro.
Ho bisogno
di accoppiare un vicolo cieco
in cui mi
sono cacciato
a qualche
sconfinata prateria.
Mi fa da
ormeggio per non naufragare.
Sono
predisposto al soccorso della poesia,
che non è
un’arte di arrangiare fiori,
ma urgenza
di afferrarsi a un bordo nella tempesta.
Per me è
pronto soccorso, la poesia,
non una
sviolinata al chiaro di luna.
Elogio dei piedi
Perché
reggono l’intero peso.
Perché sanno
tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno
correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché
portano via.
Perché sono
la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni
deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno
saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno
piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello
di una fabbrica.
Perché sanno
giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per
qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché
quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
Perché gli
antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno
pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un
inginocchiatoio.
Perché mai
capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono
allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana
tarantella.
Perché non
sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono
stati crocefissi.
Perché anche
quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il
bersaglio non meriti l’appoggio.
Perché, come
le capre, amano il sale.
Perché non
hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in
nome del corpo contro la morte.
Fino a che scrivo loro stanno con me
Più
invecchio e più le persone che ho conosciuto non ci sono più.
E io non
riesco a fare pace con nessuna di queste assenza.
Allora che
faccio? Scrivo.
Prendo un
episodio del passato e mi metto a scrivere.
Dentro al
passato quelli che tu ami, stanno tutti là, non ci manca nessuno.
E allora
scrivendo costringo queste persone, che si sono andate a cacciare in
quell’aldilà senza il mio permesso a essere di nuovo con me.
Fino a che
scrivo loro stanno con me.
Rammendare l’assenza…
Ci sono
persone assegnate che non riescono
a
incontrarsi mai e s’aggiustano ad amare
un’altra
persona per rammendare l’assenza.
Sono sagge.
Non ora…non qui
Quando morì non me ne accorsi.
Dormivo
sulla sedia, le mani intrecciate alle sue,
gli occhi
miei chiusi e i suoi aperti verso di me.
Quando
sciolsi le dita dalle sue fui solo al mondo.
Fu la mia
porzione quella donna venuta fino a me.
Edificammo
contentezze,
lenticchie
di festa minore ma continua.
E’ stata
poco con me,
una breve
durata nel corso della vita,
però è
venuta.
Sono stato
una persona in questo mondo
non solo per
i primi dieci anni della vita,
ma anche nei
sette del matrimonio.
Essere al
mondo, per quello che ho potuto capire,
è quando ti
è affidata una persona
e tu ne sei
responsabile
e allo
stesso tempo tu sei affidato a quella persona
ed essa è
responsabile per te.
Sette anni
non furono pochi.
Anche se
fossero stati la metà o la metà ancora,
non sarebbe
stato poco.
Non ci si
può lamentare della brevità, non è giusto,
ma della
lunghezza sì.
Ho avuto
imbarazzo a vivere ancora.
Non provo
dolore nel vedere il cielo
qualche
volta uguale
a quello di
un agosto
passato
insieme in vacanza,
però
arrosisco di poterlo guardare,
di essere
rimasto.
Di questo
per me si tratta,
di essere il
resto di alcune persone,
delle loro
sottrazioni.
Il contrario di uno
Entrò nel buio delle coperte e mi copri tutto il corpo sol suo.
Stavo sotto
di lei a tremare di felicità e di freddo.
Le nostre
parti combinavano una coincidenza,
mano su
mano,
piede su
piede,
capelli su
capelli,
ombelico su
ombelico,
naso a
fianco di naso a respirare solo con quello a bocche unite.
Non erano
baci, ma combaciamento di due pezzi.
Se esiste
una tecnica di resurrezione lei la stava applicando.
Assorbiva il
mio freddo e la mia febbre,
materie
grezze che impastate nel suo corpo tornavano a me sotto peso di amore.
Il suo
teneva sotto il mio e il mio reggeva il suo,
come fa una
terra con la neve”
Io te vurria vasa’…
” Io te
vurria vasa’ “, sospira la canzone
ma prima e
più di questo io ti vorrei bastare,
io te vurria
abbasta’,
come la gola
al canto come il coltello al pane
come la fede
al santo io ti vorrei bastare.
E nessun
altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun
altro odore addormentare,
io ti vorrei
bastare,
io te vurria
abbasta’.
” Io te
vurria vasa’ “, insiste la canzone
ma un pò
meno di questo io ti vorrei mancare
io te vurria
manca’,
più del
fiato in salita
più di neve
a Natale
di benda su
ferita
più di
farina e sale.
E nessun
altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun
altro odore addormentare,
io ti vorrei
mancare,
io te vurria
manca’.
Con Montedidio gli ho voluto tanto bene. Ma tanto tanto.
RispondiEliminaE 'Aiuto', inserito nella raccolta 'Il contrario di Uno', è uno dei racconti più belli che abbia mai letto.
Avercene.
E' un poeta che ti coinvolge Erri De Luca, e quanto amore per le persone amate.
RispondiEliminaIo voglio sposarlo, ho inoltrato richiesta di matrimonio :-)
RispondiEliminaSu < Due > di Erri De luca.
RispondiEliminaSul due la letteratura è ricchissima, dalla filosofia alla teologia, all'esoterismo, alla cabala, alla matematica, ecc.
Infatti:
- rappresenta i due principi opposti: bene e male, spirito e materia, fondamenta del manicheismo;
- in filosofia la diadi indica il principio di non contraddizione;
- nella Cina mistica ( yin e yan ) s'identifica col segno yin, elemento femminile del Creato;
- nella cabala rappresenta la saggezza, ma S. Tommaso lo vedeva come un numero infame ( ! );
- in matematica è l'unico numero primo pari.
Potrei dilungarmi all'infinito, ma mi fermo qui.
Avrete già capito che sul due le idee nel tempo si sono moltiplicate, accavallandosi: nella poesia proposta non mi sembra che emergano delle novità.
Potrebbero esser prese per elucubrazioni scontate di un liceale o giù di lì...
Perplessa/mente, Siddharta.
Corrige: De Luca...
EliminaSid
Non ho mai letto nulla di suo, e per il momento non ho nessuna intenzione di colmare
RispondiEliminaquesta lacuna. Le sue poesie invece mi piacciono abbastanza, non mi entusiasmano ma perlomeno si possono leggere senza doversi spremere le meningi, e questo al giorno d'oggi per me è già molto.