Curzia Ferrari (Milano, 27 maggio 1929)
Nata da
padre genovese e madre lombarda, frequenta gli studi classici e
contemporaneamente il liceo artistico. Studia russo. La introduce nel campo del
giornalismo Giovanni Titta Rosa invitandola a collaborare a La Fiera
Letteraria. È stata sposata con il maestro di musica Domenico Ferrari. Ha due
figli e due nipoti. Ha raccontato la sua relazione con Salvatore Quasimodo in
Dio del silenzio.
Ha curato
rubriche d'arte su L'Avanti, Critica Sociale, L'Indipendente, Letture,
Historia. Negli anni Settanta per il settimanale Gente ha svolto inchieste in
URSS. Ha scritto programmi per la RAI-TV e condotto il programma radiofonico
"Poesia nel mondo". Dal 1995 collabora con elzeviri a Il Giornale di
Brescia. Fra
i riconoscimenti più importanti, il Premio del Presidente della Repubblica
Italiana, la medaglia d'oro di benemerenza civica del Comune di Milano, l'Ordre
del Arts e des Lettres dell'Académie de France.
Jasmine Royal
Non esco
quasi più dal mio quartiere. Com’è alta
la predella
del bus! E guai se nel metrò
si inceppano
le meccaniche scale! O sortilegio
delle mie
stanze dove più non si avvera
la schiusa
delle uova – tutto è compiuto! -
ma salda mi
configuro negli spazi, gli odori,
i colori –
senza l’ostinazione del sembrare
ciò che fui,
quando il respiro era suono,
il passo un
flash e stellati dal trucco – gli occhi,
due
girasoli. Il profilo dell’estuario è buono
come un grissino al mais. Tra i ripari profuma
Jasmine
Royal – un’abitudine antica
per essere a
me stessa ancora gradita.
Sto in un
fondiglio di grumi. Tranquilla.
E Dio
soltanto può rubarmi il tempo.
da Pietra
(Aragno, 2013)
Lode alla notte
La notte
passerà, non appartiene a nessuno
nemmeno a
questio effimeri versi. Tutti vanno a dormire
lei passa e
nessuno la guarda. Oh notte, cassaforte regale
dove ruzzola
l’oro delle stelle, non staccarti dalla mia sponda.
Mi taci nel
buio se non metto le mani alle orecchie. Fai la ronda -
delusa,
chiusa come il supermercato la domenica.
Rimani sui
miei piedi nella strettoia del corridoio -
perno di
metallo fino all’occhio giallo del giorno -
prendo
un’aspirina sennò muoio – mi rispondi “Torno!”
Lo so, e io
ti aspetto – maliarda. Ecco la stuoia
della tua
innamorata servile – colei che ti guarda.
SCRIVERE da Lucertola (2011)
Sul marmo
delle facciate. Sul ferro
delle
saracinesche. Sui muri, le carrozze
del metrò.
Lasciare il
segno.
Temo sia
questo della scrittura
il pegno assolto-la protesta per credersi qualcuno.
Si intrecciano i rami dei caratteri-
il pegno assolto-la protesta per credersi qualcuno.
Si intrecciano i rami dei caratteri-
Anche i più
strani-
Come una
catena di mani
senza identità.
da Lucertola
(2011)
PAESAGGIO
... e ancora
ricordo la pietra fusa incandescente
sulla mia
pelle fragile, quasi invisibile mughetto ‒
inconsapevole
alter-ego delle mie vene ‒ il contrasto,
la
profusione dello scarlatto e la veggente
notizia.
Colorata la notte. M’ero scoperta, per sempre,
ai piedi del
sangue. La sorte ‒ un ossimoro liso ‒
il campo
irrigidito ritraendosi verso il dirupo imminente,
giù, come un
giocattolo. Cresce la vita ‒ e tu,
sconosciuta
a te stessa, ghiaccio bollente.
DUALISMO PERFETTO
Non sapeva
la Neve cosa l’aspettasse. Il suo volto
candido,
gelato ‒ è stato imporporato da un tale
che senza
pietà addosso le è piombato.
Ha alzato la
testa per poterlo guardare. Era il Sole.
Si udì nel
meriggio una lotta. Scricchiolava la strada.
Lui aveva la
frusta nelle mani e la picchiava ‒
non per
cattiveria ‒ abitudine al maschio mestiere.
Tenendo
dentro sé una domanda ‒ vada come vada ‒
resisterò ‒
disse la Neve ‒ e con l’ombra ‒
quando la
voce si fa lieve ‒ a Dio chiese ragione
di quella
tenzone. In un viaggio a gomito ritorto
tutto fu
chiaro: entrambi nell’eccesso universale ‒
un guizzo
delle palpebre, senza di te non vivo...
Con l’ultimo
bus filava la Neve alla stazione
nominata
Marzo. In lui scomparì. La lotta
fra il sole
e il diaccio
divenne un
abbraccio.
PASQUA 2012
Che premura!
Mi sono persa nel calendario della cucina
e Tu mi
inviti alla casa del Re. Si allarma il tempo.
Già penso
all’abito fino, ma sono più rospa dell’ortica
e
traballo... Che figura farò? Magari inciampo, mi
spezzo una
caviglia,
per la
fretta di correrti incontro finisco nelle
secche dei
caselli, delle tangenti. Perdona
se tardo.
Conosci i miei tumefatti timori ‒ il mio canto
stretto
nella trappola delle inquietudini.
Su < Jasmine Royale >.
RispondiEliminaMètro o metró?
Da Google:
Si sente dire sia la mètro che il metró e ciascuno dei due ha una sua giustificazione.
Quando si inaugurò la ferrovia sotterranea di Parigi, nel 1900, questa venne ufficialmente chiamata chemin de fer métropolitain, “ferrovia metropolitana”. Naturalmente, per far prima, si abbreviò in le métropolitain; e ancora in le métro (Che in francese si pronuncia con l’accento sulla o finale). Quel le, articolo maschile, si spiega col nome maschile chemin de fer, che in italiano corrisponde al nome la ferrovia, femminile. Abbreviando anche da noi, “la (ferrovia) metropolitana” dovrebbe diventare la metro, pronunciata con l’accento grave sulla e: la mètro.
Ma questo ci fa sentire un po’ provinciali, ed eccoci a dire e scrivere, anche sui giornali il metró (con accento acuto sulla ó) forse per ritrovare un po’ di Parigi anche a casa nostra.
Non è una colpa grave. Perdoniamocela e siamo felici quando prendiamo il metró.
( Attenzione almeno all'accento grave, dico io... ).
Ah, sul contenuto.
A me quei < dove più non s'avvera la schiusa delle uova - tutto è compiuto > e < gli occhi, due girasoli > fanno un pò impressione,
Ma ognuno canta la vecchiaia a modo suo...
Attenta/mente, Siddharta.
Corrige: Royal
EliminaScusa, Sid, essere "provinciali" perché non si accettano le regole altrui? a me, al contrario, pare che ci si debba considerare provinciali se si accettano.
EliminaPer quanto attiene alle poesie di Curzia Ferrari, le trovo particolari, molto aperte e istintive.
Mi piacciono queste poesie. Pollice in su !
RispondiEliminaForse il personaggio ha tratto vantaggio dalla notorietà derivata dalla tresca con Quasimodo, è probabile, ma ormai, a distanza di tempo la faccenda non ha più molta importanza. Restano le sue poesie e mi dispiace di non saper dissertare sugli accenti come il maestro, io purtroppo in questo settore resto, nonostante l'impegno, un ignorante patentato e ho soltanto tre gradi di giudizio a mia disposizione. Infatti le poesie mi piacciono, mi sono indifferenti, oppure non mi piacciono affatto. Di più non saprei dire senza ciurlare nel manico.
Al momento della Ferrari ho commentato solo la prima, che non mi è piaciuta ( anche per quell'accento grave, che però potrebb' essere anche un refuso di trascrizione... ).
EliminaPurtroppo nei miei giudizi vengo ripreso sovente proprio per la chiarezza della scelta di campo...
Sid
Ma per carità, non mi permetterei mai di riprenderti, la mia è soltanto invidia. Lasciarsi influenzare da un accento grave o acuto non è da tutti. ;-)
EliminaSei un simpatico snob, caro Sid, continua così. Non cambiare proprio adesso, mi raccomando.
Su < Lode alla notte >.
RispondiEliminaMa, insomma...
Ci leggo molta retorica.
Penso che per incensarla, la notte, si possa ricorrere anche ad un armamentario lessicale più semplice e scorrevole.
Chissà perchè taluno, quando s'accosta alla sua Musa, cade subito preda di parole e concetti arzigogolati.
Incapace di esprimersi come respira, cioè senza cannette d'ossigeno nel naso!
Insofferente/mente, Siddharta
Su < Scrivere >.
RispondiEliminaQui siamo ad una poetica più umana...
Il graffitismo è ormai considerato una vera e propria arte.
Certo, disturba se su qualsiasi supporto, ma è indubbio che in qualche modo intriga.
Una maniera come un'altra, dice la lirica, per uscire dall'anonimato, per gridare al mondo di esistere.
Intanto mi meraviglia sempre la sicurezza nell'uso delle bombolette spray, senza sbavature e ripensamenti.
( E dai con quell'accento grave... ).
Brontolona/mente, Siddharta.