#tuttipersilvia
Mi ero ripromesso non pubblicare più poesie su queste pagine ma per questa volta voglio fare un'eccezione. Mi è giunta notizia della prematura scomparsa di Silvia Capecchi. La notizia, apparsa sulla Nazione (qui per leggere l'articolo), ha presto fatto il giro dei social. Io sono andato a sbirciare nella vetrina del Club dei Poeti e ho trovato due poesie molto significative, che risalgono al 2009. Quando ancora la malattia non si era manifestata.
Un pensiero per Silvia, è tutto quello che posso fare.
(Frame)
POSSO
CHIEDERE….DIO?
A quando il
mio riposo?
Ho i gomiti
per terra
come quando
da bambina
mi coglieva
l’imprevisto
e tutto un
ampio
panorama di
occasioni
cercava una
ragione
a cui
potersi riappellare.
Ora
di versioni
esistenziali
ne ho pieno
il gesto e
l’amarezza
Ma mai si è
visto
passare in
questo
vicolo di
vita
un
mendicante come me
per dividere
al coperto
lunghe notti
fredde.
(Silvia Capecchi - Luglio 2009
da vetrina del Club dei Poeti)
Non conoscevo Silvia se non attraverso foto che un amico comune aveva condiviso non ricordo come e dove. Appariva sorridente, con la chitarra, intenta forse a cantare, accanto a lei il figlio anch'egli sorridente. Poi la notizia della sua battaglia col male.
RispondiEliminaQueste sue poesie dimostrano una sensibilità dolorosa, quasi presaghe.
Addio Silvia, amica sconosciuta, spero che possa aver trovato ora la serenità delle piccole cose da condividere con amore, così come anelavi.
Le malattie, specie quelle terminali, sono un fatto squisitamente personale e non dovrebbero essere di dominio pubblico.
RispondiEliminaE' questione di riservatezza, discrezione e buon gusto.
L'appuntamento ultimo è con noi stessi e l'aldilà, magari senza disperazione individuale e familiare.
Sid
Anche se nella sostanza sono d'accordo con te, non ne farei una questione di buono o di cattivo gusto. Si dovrebbe viverla una situazione del genere per giudicare. Dipende dalle circostanze, dal carattere della persona, dalle esigenze e da un sacco di altre cose che magari non conosciamo. Comunque, tanta franchezza e tanto cinismo in un momento così, lasciatelo dire con altrettanta franchezza, questo sì che non mi sembra un grande esempio di buon gusto. Però non fa niente, come diceva la mia mamma, ogni testa un piccolo mondo, e per fortuna, aggiungo io.
EliminaInsisto sulle mie posizioni.
EliminaPotrei dilungarmi a lungo, ma non ne caverei un ragno dal buco.
Francamente certi esibizionismi in rete li avrei evitati.
Il dolore è un fatto interiore da gestire nel silenzio.
Sid
Epi non mi devi convincere, so che hai ragione, ma si metteva in dubbio l'opportunità di intavolare questo discorso proprio adesso, in questo momento delicato. Pensavo fosse meglio ricordarla come poetessa e basta. Dopotutto la poesia due parole in croce le avrebbe meritate e tu eri la persona giusta per farlo. Sei ancora in tempo. Tra l'altro nel Club aveva ricevuto molti consensi. Tutto qui.
EliminaCiao Silvia, non ti conoscevo personalmente, ma attraverso le poesie e la tua chitarra. Un abbraccio e un ricordo.
RispondiEliminaRita
Questa poesia è straordinaria.Si spande come un fuoco incontenibile eppure è di gelo che si parla! Di notti fredde in totale solitudine, una povertà indivisibile. Ma la vita è anche questo, un rumore che ti fiacca ,una sentenza. Non ti conoscevo Silvia,non ho avuto il tuo volto da condividere ma ho il tuo cuore
RispondiEliminaChe palpita alto sopra la morte, giungerà la tua melodia nel vuoto dorato della musica per colmare col tuo quesito quello spazio nero che attende la risposta.
Ho letto tutti gli interventi, il mio commento è salomonico: giusto ricordare la persona, in quanto poetessa con le sue liriche, come correttamente ha ritenuto Franco; condivido, però, anche il pensiero di Epi, cioè, gli accadimenti personali, specie i travagli fisici, debbono essere sottaciuti, anche per una questione di pudore. Questi, ormai, sono argomenti obsoleti, vista la grande ed incontenibile voglia d'apparire e quindi "condividere" anche i momenti più salienti dell'esistenza. Detto questo, umanamente addolora sempre la mancanza precoce di una persona, l'unica consolazione è sapere che ha smesso di soffrire.
RispondiEliminaUn vecchio (quindi i social c'entrano poco, casomai hanno avuto il solito effetto moltiplicatore e acceleratore) un vecchio proverbio, dicevo, pare di origine svedese, afferma che un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Penso che l'unica valutazione attendibile sulla condivisione del dolore e sulla sua utilità spetti a chi quel dolore lo prova. Gli altri non lo possono sapere.
RispondiEliminaNon concordo.
EliminaLa morte annunciata non va sbandierata sui media per lucrarne conforto e compassione.
Sid
Perchè?
RispondiEliminaE vabbè, la discrezione non è più di questo mondo.
EliminaSid
La gente parla sul web delle proprie opinioni politiche (e fin lì... attengono alla cosa pubblica) ma anche dei propri orientamenti sessuali, che sono privati, delle proprie condizioni di salute, anche senza arrivare a malattie letali, delle proprie vacanze (i topi di appartamento ringraziano) e alle volte, oltre a parlarne, li fanno anche vedere (mi riferisco a certi video privati la cui diffusione ha prodotto ben note conseguenze). Ora. Non sto dicendo che condivido. Anzi, non mi piace. Per me, per esempio, (ma non è il solo motivo) i google glass e i droni che svolazzano riprendendoci a nostra insaputa andrebbero proibiti - per le telecamere c'è già una legge. Ripeto, non mi piace, specie da un punto di vista estetico, però prendo atto dell'esistente. Se però qualcuno vuole condividere il proprio "diario di morte" (ce ne sono risalenti a prima dei social) perchè questo lo far star meglio, chi sono io che (ok, scongiuri in corso) non sono moribondo per giudicarlo? Non credo che chi è vivo e in salute possa giudicare la morte degli altri.
RispondiEliminaConcordo con te Rubrus.
EliminaCi sono stati episodi di condivisione del proprio diario di morte, anche molto particolareggiata (io non so se lo farei, ma non si può dire finché non ci si ritrova nelle medesime circostanze) che hanno aiutato altri che erano nelle stesse condizioni a superare momenti drammatici.
Per replica vedere mia risposta ad Epitteto al punto A di ieri.
RispondiEliminaHo avuto la tristezza di veder morire due fratelli entrambi di malattia devastante e tremenda, hanno affrontato la loro condizione in maniera diversa: uno voleva sempre gente intorno e accanto , l'altro voleva stare sempre solo e in silenzio. Ognuno vive la propria morte come più sente e penso che se mio fratello sapeva usare il pc avrebbe parlato della sua malattia a tutto il mondo.
RispondiEliminaCiononostante sosterrò sempre l'inutilità di rivolgersi al mondo, che se ne frega di noi.
EliminaQuesto perchè sono un intimista per natura e non potrei pensare altrimenti.
Sid